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Gli Houthi: “Abbiamo attaccato tre portacontainer Msc”. Nessun danno, equipaggi al sicuro

La società di sicurezza britannica Ambrey intanto ha dichiarato oggi di aver ricevuto informazioni sull’avvistamento di attività di droni a circa 58 miglia nautiche a sud-est di Aden

Dubai – I miliziani Houthi hanno rivendicato oggi due attacchi missilistici nel Golfo di Aden contro due portacontainer battenti bandiera panamense. Gli attacchi non hanno provocato danni. Il generale Yahya Saree, in una dichiarazione preregistrata, ha rivendicato gli assalti alla Msc Diego e alla Msc Gina. Il Joint Maritime Information Center, una coalizione di nazioni guidata dagli Stati Uniti che opera in Medioriente, ha affermato che i due raid sono avvenuti martedì alle prime ore del mattino: “Nessuna delle due navi è stata raggiunta dai missili e tutto l’equipaggio a bordo è al sicuro. Probabilmente sono state prese di mira a causa di una presunta affiliazione israeliana”. Saree non ha spiegato perché i ribelli hanno impiegato due giorni per rivendicare gli attacchi ma ha aggiunto che gli Houthi hanno preso di mira la Msc Vittoria, un’altra nave portacontainer, nell’Oceano Indiano. Quest’ultimo raid non è ancora stato confermato dalle autorità.

La società di sicurezza britannica Ambrey ha dichiarato oggi di aver ricevuto informazioni sull’avvistamento di attività di droni a circa 58 miglia nautiche a sud-est di Aden, nello Yemen. La milizia Houthi, che controlla le parti più popolose dello Yemen ed è allineata con l’Iran, da mesi attacca nelle acque al largo del paese in solidarietà con la popolazione palestinese di Gaza. “Si consiglia alle navi nelle vicinanze di prestare attenzione e di segnalare qualsiasi attività sospetta”, ha aggiunto Ambrey in una nota di avviso.

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Si prepara a vedere la luce il regolamento del Mit per il bunkeraggio di Gnl alle navi

Mentre a Napoli emerge la vacatio legis dei rifornimenti di gnl da nave a camion, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si muove per disciplinare le operazioni ship-to-ship.

Fra circa due settimane, apprende infatti SHIPPING ITALY, è convocata una riunione con le imprese armatoriali per discutere di una bozza di regolamento al riguardo predisposta dal dicastero di Porta Pia.

Si tratta di un documento di 23 pagine, da cui, in apertura del primo articolo, si evince che si tratta di una sorta di modello da applicarsi ovunque, ma con riguardo alle peculiarità dei vari porti. Prevista infatti la specifica individuazione “delle aree, banchine o punti di fonda in cui è ammesso il bunkeraggio di Gnl”, che “avviene a seguito di preventivo accordo con l’Autorità di Sistema portuale o con i concessionari degli impianti portuali interessati e a seguito di apposita conferenza dei servizi con le stesse autorità che fanno parte del Comitato Tecnico Regionale”.

Nel prosieguo le definizioni, il focus sui requisiti delle navi, i requisiti amministrativi e le autorizzazioni, i ruoli e le responsabilità, fino – la parte più corposa – alla disciplina delle operazioni in senso stretto e alle procedure di emergenza e stazionamento in porto. Il Mit ha chiesto agli armatori osservazioni in vista dell’incontro, mentre non risulta al momento previsto un confronto coi sindacati dei marittimi interessati sotto il profilo della sicurezza da questo tipo di operazioni.

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“Con le spezzettature a rischio il lavoro di 150 marittimi”

di Pietro Dapelo, già presidente di Toremar

All’attenzione del lavoratori della TOREMAR: se  la Regione Toscana porrà in essere un bando apparentemente unico per l’arcipelago Toscano, escludendo dalla sovvenzione economica  la Linea A/2 Piombino/Portoferraio, di fatto il bando di gara sarà “spezzettato” e conseguentemente, significherà comunque un grave e irreversibile colpo all’occupazione, quantificabile in 100/150 marittimi. Il servizio di continuità territoriale (linea A/2) penalizzerà tutta l’utenza, cittadini residenti e turismo. Ho la presunzione di affermare, senza alcun dubbio di smentita,  che qualsiasi altra “versione”è soltanto finalizzata a creare una mirata confusione per rendere ingestibile la difesa dei posti di lavoro. Occorre insistere, senza pausa alcuna, che tutti i servizi di interesse pubblico e sociale, ivi compreso la linea A/2, devono comunque essere sovvenzionati dalla Regione Toscana.  Qualsiasi altra “formula sarà dannosa per tutti i lavoratori e tutta l’utenza. I prossimi incontri con l’Assessore ai trasporti saranno molto importanti per capire il futuro dei lavoratori TOREMAR e la tipologia dei servizi  socialmente utili e per concorrere allo sviluppo socio economico delle isole. Sono fiducioso.

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Porti di Genova. Mazzette per ottenere concessioni portuali Caso Isolato o normalità?

All’indomani dell’inchiesta per corruzione a Genova che ha coinvolto anche il gruppo Spinelli e l’ex Presidente dell’Autorità Portuale di Genova Signorini, iniziano ad emergere alcuni dettagli inquietanti rispetto al sistema delle concessioni portuali nello scalo più importante d’Italia. Quello che da sempre dovrebbe fare “scuola”.
Si parla di telefonate dirette tra Aponte e il dirigente della AdSP che si lamenta delle troppe concessioni verso l’ex Presidente del Genoa e del Livorno Calcio minacciando Signorini di ritorsioni. Non è da escludere che questo filone di indagine possa essere una “rappresaglia” ma bisogna considerare il rischio concreto per migliaia di lavoratori.
Adesso che alla famiglia Spinelli viene dato il divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale.
Ma tornando agli aspetti generali, da una parte la Legge 84/94 che pone regole precise e stringenti per ottenere una concessione portuale dall’altra si assiste al “mercato delle vacche” con trattative telefoniche.
E non potrebbe essere altrimenti visto che ormai sono 4 o 5 i grandi gruppi terminalisti che si contendono le banchine in tutti i porti italiani. Chi è in grado di esercitare maggiori pressioni (o pagare mazzette?) ottiene ciò che vuole. Il pagamento irrisorio richiesto dallo Stato attraverso le AdSP per tali concessioni rischia di favorire questi meccanismi. Si fanno enormi profitti a fronte di entrare di pochi spiccioli. Se aggiungiamo che negli anni la durata delle concessioni è, in alcuni casi, quadruplicata diventa chiaro come si sia scientificamente deciso di privatizzare i porti italiani. Se succede così a Genova come funziona negli altri porti? Come mai gli armatori stanno facendo pressioni affinché si arrivi alla privatizzazione anche delle AdSP?
C’è solo un modo per evitare tutto ciò favorendo il bene pubblico e non il profitto di pochi soggetti privati. Tornare all’utilizzo delle banchine pubbliche. Le concessioni devono essere l’eccezione (così com’era in passato) e non la regola. La favola che solo il privato può garantire gli investimenti è, appunto, una favola. Quanti milioni di euro pubblici sono stati spesi per le infrastrutture portuali?
Dopo i fatti di Genova crediamo sia giunto il momento di aprire una riflessione seria su questi temi. Una discussione non più rimandabile.

8 maggio 2024 USB Mare e Porti

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L’ITF denuncia due casi: la ‘nave bulgara della vergogna’ e il ‘peggior caso di abbandono di marittimi mai visto’

Londra. L’International Transport Workers Federation (ITF, sindacato internazionale dei marittimi) denuncia casi di maltrattamento dell’equipaggio, furto di salario e condizioni deplorevoli a bordo di navi che operano in acque australiane. Gli ultimi due casi: il primo si tratta della nave Ellen Sofia nel porto di Mackay, gestita dalla società bulgara Ellen Marine. Mentre il secondo caso riguarda un operatore navale del Medio Oriente che avrebbe abbandonato più navi e i loro equipaggi, senza rifornimenti o salari.

La Ellen Sofia è una ‘supramax’ costruita nel 2008, attualmente in stato di fermo da parte dell’Australian Border Force e trasferita a Gladstone, dove rimarrà almeno fino al 13 maggio prossimo.

“Gli ispettori dell’ITF hanno incontrato questa nave della vergogna in un certo numero di porti australiani per verificare il benessere e la sicurezza dell’equipaggio, esaminare i registri dei pagamenti e far rispettare gli standard della Convenzione sul Lavoro Marittimo per l’approvvigionamento a bordo della nave”, ha dichiarato il coordinatore dell’ispettorato australiano, Ian Bray.

Alla fine di aprile, l’ITF ha identificato che l’equipaggio non aveva accesso al cibo a bordo della nave poiché le provviste erano state esaurite. Il proprietario della nave ha ripetutamente omesso di rifornire la nave con il sostentamento di base e gli elementi essenziali per l’uomo.

L’ITF sostiene che la nave Eleen Sofia ha un curriculum scioccante di scarsa manutenzione e condizioni di vita insopportabili per l’equipaggio a bordo della nave. Oltre a far morire di fame l’equipaggio, mentre era all’ancora in Bangladesh, la nave battente bandiera liberiana è rimasta senza aria condizionata nelle cabine dell’equipaggio per oltre tre mesi, rendendo impossibile per qualsiasi membro dell’equipaggio addormentarsi durante le soffocanti condizioni notturne. Nel febbraio di quest’anno, l’ITF è venuta a conoscenza di stipendi arretrati o non pagati mentre la Eleen Sofia era ormeggiata a Port Adelaide e successivamente a Portland, Victoria.

Ancora non è chiara la scomparsa e la presunta morte del cuoco della nave, finito in mare durante la fase di un ancoraggio nel sud della Cina ed i familiari aspettano ancora il risarcimento dovuto.
“I proprietari di questa nave – ha aggiunto l’ispettore Bray – sono una vergogna per l’industria, ma non sono i soli a violare i diritti umani o la decenza umana a bordo delle loro navi. Sfortunatamente queste storie sono comuni e la prevalenza di violazioni dei diritti umani a bordo di navi che operano in acque australiane, lavorando per l’industria australiana e consegnando merci per la nostra comunità, dovrebbe allarmare ogni australiano”.

Secondo la Federazione Internazionale dei Lavoratori dei Trasporti – per l’altro caso – l’armatore con sede negli Emirati Arabi Uniti, Middle East Marine LLCd ha avuto 17 casi di abbandono dalla fine del 2022, in località dell’Asia meridionale. I membri dell’equipaggio colpiti hanno denunciato il mancato pagamento dei salari, la mancanza di cibo, l’acqua sporca, il rifiuto di accedere all’assistenza sanitaria e il rifiuto di passaporti e farmaci.
Si tratta di abusi associati al lavoro forzato, che si trovano abitualmente nel settore della pesca, ma nella navigazione commerciale. L’ITF – che gestisce dozzine di casi di abbandono ogni anno – lo ha definito il “peggior caso di abbandono seriale di marittimi mai visto”.

Middle East Marine è un’azienda affermata con sede negli Emirati Arabi Uniti. Fornisce un’ampia varietà di servizi commerciali, con quattro sedi negli Emirati Arabi Uniti e in India.

La Convenzione sul Lavoro Marittimo (ILO) richiede il pagamento dei salari due volte al mese. Dopo il mancato pagamento per due mesi o la privazione di cibo e acqua, un’imbarcazione è considerata abbandonata. Questa categoria riconosciuta a livello internazionale per i gravi maltrattamenti dei marittimi – che spesso non guadagnano più di pochi dollari l’ora, anche se pagati – dovrebbe innescare un’azione da parte dello Stato di bandiera e dell’assicuratore, secondo l’ITF.
L’ITF afferma che le Autorità degli Emirati Arabi Uniti non hanno preso provvedimenti su questo caso di abbandono dell’equipaggio, sebbene la società in questione abbia sede nella loro giurisdizione. Secondo l’ITF, il Registro delle bandiere del Medio Oriente – una bandiera amministrata dalla Grecia che commercializza un modello di servizio digitalizzato incentrato sul cliente – non ha risposto una sola volta alle domande sull’elenco di anni di violazioni dei diritti umani presumibilmente perpetrate dal suo cliente.

“È stato scioccante vedere i marittimi affrontare uno sfruttamento così estremo, condizioni di lavoro pericolose e diritti limitati. Nessuna retribuzione, condizioni di vita inadeguate, mancanza di tutele legali e libertà di movimento limitata: è simile alla moderna servitù a contratto”, ha dichiarato Sandra Bernal, coordinatrice della rete ITF per la regione Asia-Pacifico.

L’ITF, attraverso il suo programma di ispettorato in tutta la rete di porti continentali dell’Australia, ha scoperto più di 30 milioni di dollari australiani (19,76 milioni di dollari) di salari rubati durante l’ultimo anno solare.

Abele Carruezzo

(Il Nautilus)

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Manuel Grimaldi: “E ora prua sul Far East, 2 miliardi per 20 navi”

Nel 2023 il gruppo ha superato i 5 miliardi di giro d’affari con un ebitda di 1,8 miliardi, risultato che verrà replicato quest’anno. “La Borsa? Non ci serve”. Il terminal San Giorgio a Genova e “il rischio di monopolio di Aponte”

Prua sul Far East, senza trascurare la cara vecchia Europa. I piani di espansione 2024 del gruppo Grimaldi guardano all’Estremo Oriente, Cina, Corea, Vietnam, fino all’Australia e alla Nuova Zelanda e puntano a consolidare gli importanti investimenti avviati in Grecia, Spagna e Nord Europa. Due miliardi di euro già stanziati per 20 nuove navi da ordinare in Cina e Corea. Senza perdere di vista l’Italia e lo strapotere della Msc di Gianluigi Aponte accusata, senza mezzi termini, di pratiche monopolistiche, a partire dal principale porto italiano, quello di Genova.

Di questo e di molto altro parla con Shipmag Emanuele “Manuel” Grimaldi, 68 anni, amministratore delegato e leader del gruppo armatoriale napoletano, numero uno dello shipping nazionale, fondato dal padre Guido.
Che anno è stato il 2023 per il gruppo Grimaldi?
“Un anno eccezionale, il migliore di sempre. Che arriva dopo almeno altri due anni di crescita continua. Abbiamo superato i 5 miliardi di euro di fatturato, con un ebitda di 1,8 miliardi”.
Con questa redditività sareste un titolo molto appetibile in Borsa. Mai pensato a quotarvi?
“Non ce n’è motivo. Negli ultimi due anni abbiamo realizzato 3 miliardi di cash flow, tutti puntualmente reinvestiti in nuove navi, terminal, ricerca e sviluppo. Il nostro indebitamento è di fatto pari a zero. Abbiamo un’importante liquidità che compensa il ricorso alle banche per l’ordinaria operatività di compra-vendita di navi e terminal. Il segreto della nostra solidità è tutto qui”.
E il 2024 come sarà?
“Non si può andare continuamente a passo di carica. Dobbiamo digerire operazioni come l‘acquisizione delle concessioni nei porti di Igoumenitsa e di Heraklion e i due miliardi di euro stanziati per la costruzione di 20 navi nuove, all’avanguardia per la sostenibilità ambientale, ordinate ai cantieri cinesi e coreani. Su Heraklion, ad esempio, abbiamo un piano di investimenti di parecchie decine di milioni: vogliamo sviluppare il terminal crociere, realizzare un grande albergo, puntare sul fotovoltaico e l’eolico. Lo scorso anno abbiamo investito moltissimo nella logistica. Abbiamo acquisito la Darsena Toscana a Livorno. E poi il consolidamento dei terminal di Barcellona, Valencia, Anversa, Ravenna. Comunque il budget 2024 è previsto sullo stesso livello dello scorso anno. Forse qualcosina di più. Ma stia certo che non staremo fermi”.
Dove intendete crescere?
“Guardiamo al Far East, l’Estremo Oriente: Cina, Corea, Vietnam, ma anche Australia e Nuova Zelanda. Abbiamo appena inaugurato la nostra nuova sede di Shanghai. Trasportiamo auto e camion prodotti in Cina, ma non solo: anche treni, materiale rotabile, componenti industriali. In questo momento abbiamo almeno 12 navi impegnate dal Far East verso l’Europa”.
Si discute molto dell’espansionismo economico cinese.
“La Cina è il primo mercato del mondo. E’ il Paese dove si producono più auto elettriche, ma anche quello dove ne circolano di più. Pensare di risolvere i problemi dell’Occidente dovuti ai ritardi accumulati sull’elettrico alzando barriere doganali mi sembra miope. Non dimentichiamo che la Cina è il principale mercato di esportazione per Volkswagen, Mercedes e Bmw e che lì guarda anche Tesla: una guerra commerciale sarebbe un disastro. Il nostro problema è che non produciamo chip e batterie. Abbiamo terziarizzato male e ci troviamo a produrre bielle e pistoni che serviranno sempre meno. Servono politiche commerciali più flessibili e intelligenti”.
Il gruppo Grimaldi ha intenzione di entrare nel business delle full container?
“Già oggi abbiamo navi multipurpose capaci di trasportare anche 2 mila container. Ma il nostro business rimane il trasporto ro-ro. Fatto cento il nostro giro d’affari, il 10% sono container, il 10% passeggeri e un altro 10% la logistica con i terminal. Il grosso, il 70%, sono i traffici ro-ro. Abbiamo in totale 130 navi di proprietà e 4-5 noleggiate. E 20 nuove unità in arrivo”.
Come vede la crisi di Suez e del Mar Rosso?
“E’ un problema enorme a livello mondiale. L’Italia è molto presente sullo scacchiere e dobbiamo ringraziare la nostra Marina Militare che sta operando con grande professionalità, consentendo alle nostre navi di passare sul Mar Rosso. Grazie alla Marina le nostre unità sono riuscite in diverse occasioni ad attraversare il canale di Suez. Il fatto è che paghiamo un enorme costo di assicurazione: 400 mila dollari per ogni passaggio, l’equivalente di un intero anno di assicurazione di una nave”.
Veniamo ai rapporti, sempre tesi se non turbolenti, con Aponte e la sua Msc. Non teme ripercussioni dal suo ingresso nel settore delle car carries di un colosso come quello ginevrino?
“Intanto chiariamo una cosa. Msc ha lanciato un’offerta d’acquisto su Gram Car Carriers che, però, è solo una società proprietaria di navi noleggiate a terzi a lungo termine, un tonnage provider, non opera direttamente le linee e non si occupa della logistica dei veicoli nuovi come facciamo noi. Ha 17 navi e le noleggia: due anche a noi. Aponte aveva già due navi car carrier che, oltretutto, per 4-5 anni ha noleggiato proprio a noi. Nella Gcc ho una piccola quota anch’io, come investimento personale. Così come ho, come investimento mio privato, non attraverso il gruppo, il 5,12% di Höegh Autoliners su cui la stampa ha lavorato un po’ di fantasia”.
Non è il preludio di una vostra scalata alla società?
“A parte il fatto che certe operazioni su società quotate prima si fanno e poi si comunicano, non c’è nulla di tutto questo all’orizzonte. Höegh Autoliners è ben gestita, opera con 40 car carrier e ha ordinato 12 navi multicarburante (tutte alimentate a Gnl con possibilità di futuro rifornimento di metanolo e ammoniaca) e net zero carbon ready. Un ottimo investimento personale, come altri che ho realizzato su Wallenius o su General Motors. E questo è tutto”.
Intanto, però, la Messina, partecipata da Aponte, gestirà un traffico da 20 mila auto Renault dal Marocco al terminal San Giorgio a Genova…
“Dei traffici di Messina e Aponte non so nulla. Dico solo che sul San Giorgio pende un nostro ricorso all’Antitrust e che sull’argomento non si è ancora espresso. Certo che siamo di fronte a un caso molto simile a quello di Livorno, dove l’Autorità ci ha dato ragione. Lo vado ripetendo da anni. Il primo operatore del San Giorgio è il gruppo Grimaldi. Abbiamo chiesto di rilevare il terminal e ci è stato negato. Quindi viene ceduto a trattativa diretta ai Messina che sono partecipati al 49% da Aponte, che già controlla Gnv e di fatto anche Moby e Tirrenia. Ma perché si deve creare un monopolio su uno spazio che, lo ricordo, è pubblico dato in concessione? Lo Stato dovrebbe vigilare affinché ci sia concorrenza. Invece fanno di tutto affinché io lasci campo libero”.
Lei è sempre dell’idea di mettere una linea Genova-Sardegna con i suoi traghetti?
“Certamente, ma per farlo occorre un terminal e non me lo danno. Il che, francamente, è paradossale. Grimaldi è il primo gruppo armatoriale battente bandiera italiana, è ricevuto con tutti gli onori ovunque nel mondo, e non riesce ad avere spazio nel principale porto italiano. Non è un caso che il biglietto della Genova-Olbia costi il doppio rispetto alla Livorno-Olbia. Abbiamo anche chiesto di portare i passeggeri nello spazio che utilizziamo al San Giorgio, ma ci hanno detto di no perché ci sono i depositi petrolchimici e sarebbe pericoloso. Poi, però, proprio lì, penalizzando ulteriormente i nostri spazi, vogliono mettere Superba e Carmagnani. A poche centinaia di metri, in linea d’aria, dal centro cittadino. Ma di che stiamo parlando?”.
Beh, ora a dipanare la matassa saranno authority e magistratura civile.
“E io credo nella giustizia. Staremo a vedere”.
Prima ha detto: niente Borsa. E’ un estimatore delle società a controllo familiare?”.
“Certamente le aziende che hanno una famiglia al vertice hanno un valore aggiunto. Poi, come diceva mio padre, se gli esponenti della famiglia si impegnano e hanno le giuste qualità per gestire l’impresa, bene. Altrimenti è meglio che stiano fuori e facciano gli azionisti affidandosi ai manager per la gestione. Nel nostro caso io, mio fratello Gianluca e mio cognato Diego Pacella siamo impegnati direttamente e i risultati, finora ci sono stati”.
State preparando la transizione alle nuove generazioni?
“Beh, siamo tutti vicini ai settanta. E’ ancora presto per pensare al disarmo, ma una tranquilla transizione è già avviata. I nostri figli, e anche alcuni nipoti, stanno assumendo incarichi sempre più importanti all’interno del gruppo. Si stanno inserendo nei gangli vitali dell’azienda. Ho grande fiducia nella giustizia e nel futuro”.

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Disastro di Baltimora, i marittimi restano ‘prigionieri’ della nave

Le indagini in corso impediscono all’equipaggio di rientrare in India. La situazione potrebbe durare mesi

Baltimora – Mentre si discute sui costi e sui progetti di ricostruzione del ponte crollato, i 20 membri dell’equipaggio indiano della portacontainer Dali sono ‘rinchiusi’ a bordo della nave dal fatidico giorno in cui la nave si è schiantata contro il Francis Scott Key Bridge, causando la morte di 6 lavoratori.
Dall’Fbi al National Transportation Safety Board, oltre alle autorità marittime, sono molte le agenzie negli Stati Uniti che stanno indagando sull’incidente, e come sempre accade in questi casi i marittimi non possono abbandonare la nave.
Un portavoce della società Grace Ocean, proprietaria della nave Dali, ha confermato che l’equipaggio è a bordo dal giorno del disastro ed è supportato dai rappresentanti della compagnia, dall’ambasciata indiana e dal Seaman’s Church Institute: “L’equipaggio sta bene e sta svolgendo il proprio dovere. I marittimi hanno ricevuto consulenza sulla salute mentale da specialisti del settore. Gli psicologi hanno fornito una consulenza individuale e confidenziale subito dopo l’incidente”.
Considerata la complessità delle indagini, i marittimi potrebbero rimanere sulla nave per settimane, o addirittura mesi. Una volta che saranno autorizzati a tornare a casa, i membri dell’equipaggio più giovani avranno la priorità rispetto ai senior.

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Traghetti, Mit studia un nuovo bando per il rinnovo della flotta

Un nuovo bando per la flotta italiana dei traghetti che vada incontro alle esigenze degli armatori. Lo ha annunciato il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Edoardo Rixi, in occasione della sottoscrizione a Genova del “Genoa blue agreement”, spiegando di avere chiesto una consulenza in merito a Confitarma. 

“Il precedente bando – ha precisato Rixi – per il rinnovo flotte era andato praticamente deserto perché per come era stato impostato dalla Commissione europea non rendeva conveniente per gli armatori costruire sul territorio europeo. Ora stiamo pensando a un nuovo bando, fuori dal Pnrr, in modo da poterlo gestire in maniera diversa, per il rinnovo della flotta traghetti. Soprattutto dei traghetti piccoli per le isole minori che potrebbero essere completamente elettrificati per tipologie di percorrenza e tempi di stazionamento nei porti”. 

Rixi ha aggiunto che il governo sta investendo 700 milioni sul cold ironing che “non saranno gli ultimi”. “Finirà il Pnrr ma inizieranno altri programmi – ha spiegato – perché la c’è la necessità di andare verso zero emissioni sul sistema marittimo e nel frattempo vengono progettati anche depositi di Gnl e si sono già aperti tavoli di discussione, dal G7 in avanti, con gli operatori per andare a individuare quelli che saranno per il futuro i carburanti su cui investire di più”. 

Sugli Ets il viceministro sposa le richieste degli armatori: “Quello che come governo cerchiamo di fare oggi è anche far sì che i proventi di tassazioni europee come l’Ets, che ormai è stato deciso, possano essere completamente reinvestiti sull’adeguamento delle flotte e sulla riduzione delle emissioni. Perché se tassiamo per tassare usciamo solamente dal mercato.

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Moby si appresta a cedere anche il ramo rimorchiatori a Msc

Dopo il passaggio a Msc dei due traghetti Sharden e Moby Vinci, un altro pezzo del gruppo Moby si appresta a prendere la via di Ginevra, a saldo del prestito di 315 milioni di euro che ha permesso al gruppo della famiglia Onorato di uscire dalle secche della procedura concorsuale iniziata ormai alcuni anni fa e completata lo scorso anno.

Lo si apprende dall’atto costitutivo di Rimorchiatori Sardi Srl, newco con sede a Milano che Moby, a firma dell’amministratore delegato Achille Onorato, ha appena ‘aperto’ sottoscrivendo il 100% del capitale, per conferirvi l’intera Divisione Rimorchiatori. Che, si legge nel relativo verbale d’assemblea, “esercita da oltre 50 anni con affidabilità nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Arbatax, Porto Torres, Sarroch, Portovesme, Portoscuso, Sant0Antioco e rada del Golfo di Palmas”.

Spiega infatti in avvio di tale assemblea risalente allo scorso 16 aprile il presidente di Moby, Gualtiero Brugger, che “il finanziamento ponte concesso da Shipping Agencies Services (la società di Msc che ha effettuato l’operazione, ndr) ai fini dell’esecuzione dei pagamenti concordatari, per contratto deve essere estinto mediante la cessione di attivi, e in particolare del ramo rimorchiatori. Questa prima operazione sarà realizzata costituendo una ‘newco’ con un capitale di € 10mila; conferendo alla medesima il ramo aziendale con il conforto di un’apposita perizia; cedendo la partecipazione”.

Resta da chiarire quale sia il valore della divisione rimorchiatori concordato con il creditore (e socio, detenendo Msc il 49% del capitale di Moby), anche alla luce dell’imminente scadenza della concessione del servizio nei porti della parte meridionale dell’isola, e attraverso quale società Msc assumerà il controllo di Rimorchiatori Sardi, stante il no comment della principale indiziata, vale a dire Rimorchiatori Mediterranei.

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Chiarimento sulla doppia certificazione per il 1° Ufficiale di macchina su navi con apparato motore principale pari o superiore a 3000 KW

Come previsto dall’articolo 14 del D.M. 25 luglio 2016, il Primo Ufficiale di Macchina su navi con apparato motore principale pari o superiore a 3000 Kw può assumere la direzione della guardia in macchina a bordo di navi con apparato motore principale tra i 750 e i 3000 Kw.

Nella Circolare n. 45, al punto 4.3, viene spiegato come ottenere il rilascio delle doppie certificazioni. L’esempio ivi riportato è per la coperta, ma tale disposizione per analogia va applicata anche alla macchina.

Quindi in definitiva coloro che sono in possesso di un COC da 1° Ufficiale di Macchina  su navi con apparato motore principale pari o superiore a 3000 Kw, posso richiedere ed ottenere senza alcun esame, presentando semplice istanza presso il compartimento di iscrizione, il COC da Direttore di macchina su navi con  apparato motore principale tra i 750 e i 3000 Kw.

Rilascio della certificazione per l’Ufficiale Elettrotecnico

La Regola III/6 della Convenzione STCW’78 come emendata, recepita nell’ordinamento con il Decreto legislativo n. 71/2015 ed oggi disciplinata dal D.M. 25 luglio 2016, richiede che il marittimo dimostri di essere in possesso delle competenze richieste per svolgere la funzione di Ufficiale Elettrotecnico individuate nel Decreto Direttoriale 21 maggio 2018.

 Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha previsto presso gli Istituti di Trasporti e Logistica – Opzione Conduzione apparati e impianti marittimi – un percorso sperimentale che fornirà agli studenti che accederanno a tale percorso di acquisire le conoscenze richieste dalla Regola III/1 e III/6 della Convenzione STCW’78 come emendata.

Pertanto, la nostra Amministrazione ha consentito fino al 1° settembre 2024 a coloro che sono in possesso delle qualifiche di bordo di Elettricista, Primo Elettricista e di Secondo Elettricista, che hanno maturato 24 mesi di navigazione con tale ruolo risultanti dal libretto di navigazione e che sono in possesso di un diploma quinquennale e dell’addestramento richiesto, di accedere all’esame di cui alla Sezione A-III/6 del Codice STCW per il conseguimento della certificazione richiesta di Ufficiale Elettrotecnico.

Inoltre, a seguito dell’approvazione del libretto di addestramento per Allievi ufficiali elettrotecnici, con Decreto Direttoriale 18 dicembre 2020, n. 278 viene riconosciuta la navigazione, effettuata con tale libretto di addestramento.

Si fa presente che alla data odierna solo coloro che sono in possesso dei suddetti requisiti sono ammessi agli esami per Ufficiale Elettrotecnico.

Rimango a disposizione per qualsivoglia dubbio e/o chiarimenti-

Ad maiora.

CLC Mario Collaro

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